Figli grandi che dormono con i genitori (Adolescenti)

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Mi sembra che valga la pena di affrontare il tema dei figli grandi che dormono con i genitori con entrambi i genitori o con uno solo di loro (di solito la mamma) perché  è uno di quegli argomenti che porta spesso ad opinioni molto polarizzate.

Insomma, è un tema così comprensibilmente delicato e su cui ci si può sentire attaccabili-criticabili o, dall’altra parte, su cui si può sentire di dover avere una posizione così netta che diventa difficile discuterne.

Nello specifico, gira che ti rigira, spesso passa il messaggio che è una cosa che non va fatta.

I figli adolescenti devono stare fuori dal letto dei genitori.

Questa, a ben vedere, è anche una posizione che ha un suo senso perché uno dei compiti principali dell’adolescenza è l’autonomizzazione del ragazzo.

La possibilità di dormire con i genitori, invece, è un qualcosa che può dare un messaggio discordante rispetto all’obiettivo dell’autonomizzazione.

Buoni motivi per cui un figlio grande può voler dormire con i genitori

Quello che però si perde di vista facendo questo discorso è che quando si accorda ad un adolescente la possibilità di dormire con i genitori è perché si ricerca qualcosa di positivo, cioè perché o si sta bene a condividere con lui lo spazio del letto o è perché si pensa che a lui faccia bene.

Queste sono cose ben diverse dall’avere un progetto segreto di inibirne la crescita.

E sono anche delle cose di cui all’interno di certe famiglia si sente un gran bisogno. Si sente cioè il bisogno di una vicinanza solida, concreta e ricca di affetti.

A cosa stare attenti (rischi del portare figli grandi a dormire nel letto dei genitori)

Detto questo, direi anche che ci sono alcuni aspetti a cui fare veramente attenzione:

  • il primo è il fatto che in questo modo, la gestione delle emozioni dell’adolescente viene delegata ai genitori.

Un adolescente, cioè, è qualcuno che ha sviluppato solo in parte la propria capacità di gestire le emozioni e questa è una capacità che si sviluppa anche attraverso delle frustrazioni ottimali, cioè superabili e gestibili.

Se avete presente il film di “Tutti insieme appassionatamente“, ad un certo punto, in una notte di temporale, tutti i bambini e ragazzi della casa vanno nella camera di Julie Andrews. Salgono sul suo letto e cercano da lei un po’ di conforto e rassicurazione anche perché è la loro affettuosa governante, e lì Julie Andrews ne approfitta per cantare “Ecco le cose che piacciono a me“.

Perché questa divagazione?

Pensare a questa scena può servire per rappresentarsi il bisogno che può avere un adolescente di essere sostenuto quando non riesce ad affrontare una situazione da solo.

Se si pensa ad un adolescente che ha subito lutto, ad esempio, viene ancora più spontaneo pensare a quanto importante possa essere creare dei momenti di intensa vicinanza ed esserci per lui.

Ecco, bisogna vedere se però questo modello si può applicare alla vita di tutti i giorni: cioè,

questo adolescente ce l’ha abbastanza spazio per fare esperienza di quelle buone frustrazioni che lo aiuteranno a crescere? Un eccesso di intimità può inibirlo, invece?

Figli grandi che dormono con i genitori: la questione dell’intimità

Il discorso appena fatto apre un’altra questione, centrale per l’adolescente: vivere un’esperienza di intimità, in particolare in adolescenza, vuol dire anche vivere un’esperienza di sollecitazione corporea. Una sollecitazione anche più forte di quella che proverebbe un adulto, anche solo per il fatto che si tratta di un’esperienza nuova.

Dico questo non tanto perché ci possa essere il rischio di chissà quale promiscuità incestuosa, ma perché per un adolescente la dimensione fisica dell’intimità rimanda alla possibilità di iniziare a pensare a se stesso come qualcuno che può avere il coraggio di proporsi alla persona che gli suscita eccitazione e desiderio.

L’adolescente, prima o poi, dovrà cioè far seguire le azioni alle sensazioni.

Il coraggio necessario per riuscire a farlo è un coraggio che si acquista prima di tutto in casa e prima di tutto attraverso l’esclusione.

Ti senti solo, ti senti eccitato e senti il bisogno di approfondire la conoscenza con qualcuno? Perché tu abbia il coraggio di andare a proporti devi sentire che esiste la possibilità che ti si dica di “no” senza che quel no ti disintegri.”

Una mamma e un papà che dicono di “no” ad un adolescente sono importanti anche e soprattutto per il fatto che l’adolescente di solito non mette in discussione il fatto che i genitori gli vogliono bene.

Questo lo aiuta ad immunizzarsi nei confronti delle esperienze di esclusione e rifiuto che sono normali e con cui dovrà fare i conti nel corso della sua vita.

Dire di no all’adolescente, vuol dire nutrire la sua autostima, vuol dire fortificarlo.

Gli adolescenti senza autostima, invece, sono particolarmente caratterizzati proprio dalla fuga dalle esperienze di frustrazione, esclusione e rifiuto davanti alle quali sentono una vergogna ed un senso di sconfitta di tale portata da spegnere sul nascere ogni loro iniziativa.

E come stanno i genitori?

Un ultimo spunto: escluderlo gli farà tanto bene però è una cosa che può far star male i genitori.

Al netto cioè di un intimità di coppia sospesa, due genitori possono avere voglia di tenersi molto vicino il figlio, anche quando il figlio è grande, e non mi sembra una buona idea quella di condannare questo amore genitoriale. Quello che mi sembra importante fare però è vedere se i bisogni di tutti, anche quelli non espressi direttamente, sono rispettati.

Nel caso di un figlio adolescente che vuole stare nel letto di mamma e papà questo vuol dire anche chiedersi se vada aiutato a rendersi autonomo dal punto di vista emotivo, visto che la vita gli chiederà di esserlo.